Ho fatto una breve e piacevole vacanza a Sharm El Sheikh e sono rimasta incantata dalla bellezza naturale acquatica di questo luogo; una baia profonda pochi centimetri, separata dal mare aperto dalla barriera corallina, accedendo alla quale, per mezzo di una lunghissima passerella, c’è la possibilità di immergersi con maschera e boccaglio (snorkeling) e nuotare insieme alle varie specie di pesci, spugne, coralli e stelle marine, fantastico!
Al ritorno, pazientemente i locali mi aspettano per accompagnarmi nel loro bazar. Ho deciso di lasciarmi guidare e mi ritrovo in questo ambiente con divanetti, boccette, tisane e un gradevole e unico profumo di essenze misto a fumo. Questi stessi colori e profumi che mi accompagnano per tutta la durata della vacanza e che renderanno speciale la mia permanenza.
Il nostro nuovo amico si chiama Sultan, ci mostra il suo negozio fonte di mantenimento della sua numerosa famiglia. Alla nostra piccola comitiva viene offerto un tè, un classico karkadè con aggiunta di una bacca di rose e una stecca di cannella, intenso, profumato e gustosissimo. Quindi annusiamo l’essenza di menta, ne basta una goccia in un bicchiere di acqua bollente per sprigionare i balsamici vapori purificanti. Impossibile uscire dalla bottega senza fare qualche acquisto.
Inizia la danza dello studio reciproco, tra il venditore e lo sprovveduto turista, con la contrattazione.
Ovviamente i prezzi iniziali sono alti e bisogna contrattare fino a raggiungere un accordo tra le parti. Bisogna però anche dire che non dobbiamo limitarci a giudicare con fare distaccato la loro realtà, tenendo presente che siamo, anche se solo per pochi giorni, ospiti nella loro casa, e quindi ritengo giusto ed onorevole per entrambi la sopportazione e la tolleranza. Con questo, intendo dire che sì, di negoziare senza lasciarsi abbindolare ma anche capire le loro motivazioni senza esserne troppo scocciati. Infine: il giusto equilibrio.
La povertà intorno regna suprema facendomi ricordare di essere qui nel Terzo Mondo, senza addentrarmi in un discorso lungo e complicato.
Loro, per la maggior parte, musulmani, possono avere più mogli e figli (da mantenere) e più ne hai più sei onorato. Un grande punto interrogativo restano per me le loro donne, che qui in struttura non si vedono, invisibili agli occhi di un turista. Decido di chiedere all’orefice che velocemente con gentilezza mi ha confezionato un anello di opale azzurro, d’argento, in una giornata. Chiedo: dov’è tua moglie? Non sono fortunata, perché lui essendo cristiano, mi dice di averne solo una (che gli basta) e che era una dentista, ora a casa perché ha 5 figli. Scelta o dovere? Meglio non fare altre domande per non mostrarmi troppo curiosa. Forse un po’ di paura da parte mia, e qui mi scappa un sorriso.
In pieno periodo di Ramadan, decido di visitare le moschee. La prima è quella della Pace, in stile persiano, all’esterno ricca di colonne, all’interno presenta dipinti, e un grande lampadario. Sulla facciata ci sono impressi in arabo gli ultimi tre versetti del Corano. Si leggono da destra a sinistra e il primo parla del rito del digiuno, il secondo dell’invidia e il terzo del bene e del male.
I pilastri della religione islamica sono cinque: Dio, la preghiera, il digiuno, il pellegrinaggio e l’elemosina.
Ritorno a casa abbronzata e con un pizzico di conoscenza in piu’ di questo vario e strano mondo.
Isa