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Eventi in Maggio–Giugno 2024

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29 Aprile 2024
30 Aprile 2024

Maggio

1 Maggio 2024

Categoria: General
15:30: '70 '80 '90 E OLTRE in diretta con Iber_Dj


2 Maggio 2024

Categoria: General
21:30: DJ CHIAMA CHAT, in diretta con liga&pam


2 Maggio 2024

3 Maggio 2024
4 Maggio 2024
5 Maggio 2024
6 Maggio 2024

Categoria: General
16:00: VIAGGIO NELLA MUSICA - con DjVale in diretta


7 Maggio 2024

8 Maggio 2024

Categoria: General
15:30: '70 '80 '90 E OLTRE in diretta con Iber_Dj


9 Maggio 2024

Categoria: General
21:30: DJ CHIAMA CHAT, in diretta con liga&pam


9 Maggio 2024

Categoria: General
21:30: LE NOTE DEL CUORE - Dj Saraceno in diretta


10 Maggio 2024

Categoria: General
22:00: SOTTO UNA TRAPUNTA DI STELLE con Dj epicwar in diretta


11 Maggio 2024

12 Maggio 2024
13 Maggio 2024

Categoria: General
16:00: VIAGGIO NELLA MUSICA - con DjVale in diretta


14 Maggio 2024

Categoria: General
21:30: DJ CHIAMA CHAT - speciale compleanno - liga&pam in diretta


14 Maggio 2024

15 Maggio 2024

Categoria: General
15:30: '70 '80 '90 E OLTRE in diretta con Iber_Dj


16 Maggio 2024

Categoria: General
21:30: JUKEBOX con sorpresa - DjVale in diretta


16 Maggio 2024

Categoria: General
21:30: LE NOTE DEL CUORE - Dj Saraceno in diretta


17 Maggio 2024

Categoria: General
22:00: SOTTO UNA TRAPUNTA DI STELLE - Dj Epicwar in diretta


18 Maggio 2024

19 Maggio 2024
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Categoria: General
16:00: VIAGGIO NELLA MUSICA - con DjVale in diretta


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30 Maggio 2024

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NUOVE USCITE DISCOGRAFICHE APRILE 2024 – RECENSIONE DI SONOSOLOPAROLE

Ciao a tutti, in programmazione su Radio Febbre questi nuovi dischi:


L’irruzione del riff alternative rock della chitarra anticipa l’ingresso della voce di Eddie Vedder:
L’album parte con Dopo il suono di palle da biliardo, un riff che potrebbe uscire dai primi album della band I Pearl Jam sono stati una delle più grandi band degli anni ’90, con una serie di album strepitosi alle spalle
La dodicesima fatica in studio dei Pearl Jam ci accoglie con un’introduzione ambient non diversa da quella che abbiamo ascoltato in Gigaton, solo con un’atmosfera decisamente più inquietante. Gli accordi di chitarra di apertura di Scared of Fear diradano quella nebbia con una discreta sintesi di ciò che c’è in serbo per il resto dell’album, sensazione confermata dalla successiva React, Respond, che riprende le furibonde e martellanti linee dei primi due brani svelati.
Nel complesso queste undici tracce per quarantacinque minuti dicono molte cose; la paura di rischiare di punkrocker vicini al tramonto, di rimettersi in gioco innanzitutto: Dark Matter è di fatto un’estensione di Gigaton con un più di cattiveria nei suoni.
Continuo a pensare che si tratti di un bel disco, che cerca di riportare i Pearl Jam ad un suono più vicino a quello di inizio carriera. Certo, inutile aspettarsi i fasti dei primi: sono un’altra band, in un’altra fase della carriera.
Credo che la prima domanda da farsi, prima di ragionare su “Dark matter”, sia proprio cosa è lecito aspettarsi dai Pearl Jam nel 2024.
I Pearl Jam nel 2024 sono una band che ha scelto di puntare sulla riconoscibilità e che sa scrivere ottime canzoni. Poi, certo, dal vivo è un altro discorso.
E, certo, ogni fan dei Pearl Jam ha una sua idea su cosa vorrebbe ascoltare dalla band. Ma nel contesto di oggi, questo non è forse il miglior album dei Pearl Jam in assoluto ma probabilmente il migliore possibile in questa fase della loro carriera. Questo era probabilmente il senso della frase di Eddie Vedder tanto ripresa (e credo, poco compresa).

One Deep River è carico di vissuto, un vissuto lontano ma non sfocato nel ricordo né tantomeno abbandonato nello spirito, tanto da squadernare tutto il mitico campionario knopfleriano: la proverbiale commistione tra rock, folk e blues, il tono di voce caldo, profondo e intimista, le liriche poetiche e naturalmente la chitarra, fidata amica di una vita a tessere trame di un canto (per dirla alla Battiato)
Come nonparlare di quel ditticofinale,rallentato,toccante,rappresentato da This One’sNot Going To End Well e la title-track, che solo uno con gli attributi, e con la storia, di Knopfler poteva permettersi. Se questa non è la sua migliore prova solista, probabilmente è una seria candidata al podio.
Il suo rosario di pubblicazioni in solo snocciola il decimo grano, a sua volta racchiudente dodici preghiere.
Mark Knopfler è sì un grande musicista, ma forse è un ancor più grande scrittore. L’album offre un flusso ininterrotto di futuri classici di Knopfler, caratterizzati dai consueti testi colti e le raffinate tecniche chitarristiche. Essi attingono ad un vissuto di influenze che attraversano i generi del blues, del folk, del rock e oltre, rivelando come sempre il loro fascino con grazia e profondità i racconti in musica.

E’ risaputo che coi suoi Dire Straits, all’inizio degli anni ’80, l’artista britannico fu tra coloro che seppero cavare il miglior rendimento dall’allora nuovo supporto fisico rappresentato dal CD. I DS erano la band perfetta per il CD, si diceva. Non è un caso che il primo compatto a superare il milione di copie vendute sia stato Brothers In Arms, nel 1985.

L’album ha l’aspetto di un dj set ben curato, in cui Dan Auerbach e Patrick Carney hanno convogliato i loro più variegati interessi. Non domina né il revivalismo blues che ha segnato gli inizi della loro ormai ventennale carriera, da The Big Come Up fino ad Attack & Release, né il nuovo corso con aperture al southern soul in stile Marvin Gaye inaugurato da Brothers. C’è un po’ di tutto.
Il collaboratore chiave è Beck, che firma con i suoi credit la metà dei pezzi dell’album. L’eclettismo del disco è un riflesso della sua massiccia presenza. È Beck infatti il primo alchimista, che in Odelay ha giocato a sfondare le barriere tra un genere e l’altro e buttare in una miscela caleidoscopica alt-rock, country, folk, hip-hop, dance e chi più ne ha più ne metta, forte dei mash-up e dei sample più folli. L’effetto collage à la Odelay sembra qualcosa di intenzionalmente ricercato.
Il mash-up passa in territorio hip-hop con Candy and Her Friends e Paper Crown su cui rappano Lil Noid e Juicy J. A metà canzone, in entrambi, cambia il passo e il groove, e il pezzo rock si trasforma un po’ meccanicamente in un beat, qui boom-bap e lì vagamente G-funk, e entrano le strofe rap del duo The Black Keys formato da Dan Auerbach e Patrick Carney: Ohio Players, un ruvido garage blues rinfrescato da influenze beat e persino hip-hop.
Il disco si presenta innovativo e audace, nella realizzazione dei quattordici brani il duo ha collaborato con Noel Gallagher (co-autore di tre canzoni) e soprattutto con Beck (co-autore di metà disco), la scelta di aver come riferimento e ispirazione musicisti provenienti da diversi generi giova ai Black Keys perché riesce a far confezionare un album brillante e diretto.

Soulline Gruppo Svizzero melodic death metal, che ammetto di avere seguito poco. Reflections” è una potente esplorazione delle questioni ambientali e della nostra connessione con il pianeta Terra. Ogni traccia riflette un aspetto specifico di questo rapporto spesso travagliato e problematico.
In questo album, la voce pulita, intrecciata con il ringhio caratteristico di Gabriele Gianora, enfatizza il tema centrale dell’album, creando un’atmosfera intensa e coinvolgente.
Questo album va oltre il semplice ascolto musicale, trasformandosi in un’esperienza sensoriale. SOULLINE presenta un capolavoro che unisce musica e immagini per suscitare emozioni profonde e stimolare azioni concrete. Il messaggio ambientalista, espresso attraverso la potenza della musica metal, rende “Reflections” un lavoro non solo musicale ma anche di attivismo culturale. L’obiettivo è portare “Reflections” a un pubblico ampio e diversificato, stimolandolo una maggiore consapevolezza ambientale e un cambiamento positivo.

Mentre celebrano il loro quarantesimo anno nella mutevole e mutevole facciata del pop, “Nonetheless” trova Neil Tennant e Chris Lowe coerenti come non lo sono mai stati i Pet Shop Boys .
Si tratta di un duo che ha evitato assiduamente di adattarsi a qualsiasi modello che il mondo della musica avrebbe potuto creare per loro, permettendo loro di avere un piede nelle classifiche mentre l’altro calca le scene del teatro musicale. Hanno creato una nicchia tra il mondo del pop e dell’arte, la passerella e la discoteca, il significativo e l’usa e getta, il serio e l’irriverente.
È difficile immaginare un titolo più per Pet Shop Boys che “Nonetheless”; una vetrina più fedele del loro suono rispetto a questa raccolta è ancora più difficile da concepire.
Per chi scrive, ci sono tre canzoni qui che brillano di più. Il brano di apertura “Lonelies” è senza dubbio uno di questi. A prima vista, questi sono i Pet Shop Boys nella loro forma migliore, allegra e stravagante, con un grande ritornello, fiati digitali, sussurrate cori femminili e un ritmo implacabile in 4/4.
“The Secret Of Happiness” è un altro momento potente, pieno di archi svenuti, una samba sensuale intrisa di grandezza bacharachiana e una presentazione beatifica e lussureggiante. Affascinante e accattivante, “The Secret Of Happiness” trova Tennant nella sua forma più romantica e tenera, e accenna gentilmente alla loro collaborazione del 1991con Electronic, “The Patience Of A Saint”.
Nel complesso, si tratta di un ascolto assolutamente brillante, affidabile e raffinato, che è senza dubbio tra i migliori momenti della storica carriera di questo duo.

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