Radio Febbre
Intervista Steve - 25.06.2025
Il 25 luglio 2025, è uscito The Revenge Of Alice Cooper, il nuovo, attesissimo album realizzato dalla lineup originale della band che ha ridefinito il concetto stesso di shock-rock.
A dispetto di una carriera mutevole e capace di adattarsi alle diverse tendenze che hanno attraversato la storia del rock degli ultimi sei decenni, Alice Cooper ha sempre riconosciuto l’importanza di quel periodo d’oro in cui il suo nome non era quello di un artista solista, ma una band vera e propria.
Dennis Dunaway, Neal Smith, Michael Bruce e Glen Buxton non erano dei turnisti alla corte di Alice, erano parte integrante del progetto, coloro che firmavano le musiche dei suoi più grandi successi e che hanno contribuito attivamente alla creazione del circo degli orrori di Alice Cooper. Certo, il frontman era la personalità più forte, il leader carismatico, l’unico in grado di poter proseguire da solo e restare una grande star (come infatti è accaduto), eppure sarebbe ingeneroso non riconoscere l’importanza della sua band nell’economia di dischi leggendari come “Love It To Death”, “Killer”, “School’s Out” e “Billion Dollar Babies”.
Sono passati oltre cinquant’anni da Muscle Of Love, ma finalmente la formazione originale degli Alice Cooper, Dennis Dunaway, Neal Smith e Michael Bruce, con Alice in testa, ha dato vita a un nuovo album in studio. Qualche assaggio era arrivato nel 2021 con Detroit Stories, ma The Revenge Of Alice Cooper è il primo vero ritorno.
Alice ci ha messo del tempo a convincersi. L’assenza di Glen Buxton, chitarrista storico scomparso nel ’97, sembrava un vuoto incolmabile. Ma con l’età che avanza (tutti vicini agli 80), il momento giusto era ora o mai più. La produzione è nelle mani sicure di Bob Ezrin, artefice del sound classico degli AC. Al posto di Buxton, ecco Gyasi Heus: più garage che shredding da conservatorio, è una scelta che funziona.
The Revenge Of Alice Cooper è il disco che celebra la reunion della Alice Cooper Band delle origini. E’ un ritorno che ha il sapore del rito, del richiamo alle origini, e che arriva dopo decenni di carriere parallele, reunion episodiche e tante pagine di storia scritte da ciascun componente della band, Cooper su tutti.
Orsù, abbiamo aspettato 52 anni e, bando alle ciance, posiamo la puntina sul disco per vedere cosa ne esce, visto che di novità a corollario ce ne sono molte.
Quattordici le tracce presenti in The Revenge Of Alice Cooper 12 sono vere bombe rock!
Si parte col singolo (già uscito da un mese) “Black Mamba”, che inizia col classico stile Cooper: una recita teatrale con sottofondo spettrale. E perché no? Parte una canzone sensuale, flautata, calda, dissimile dal metal e più vicina all’introspezione, al blues. Non lascia dubbi sulle intenzioni: il morso è ancora velenoso, il Groove ancora letale.
Casualità? Ovviamente no, vista la presenza aggiuntiva alla chitarra di Robby Krieger (i Doors vi dicono nulla?), storico amico dagli anni ’60.
Il singolo “Black Mamba” evoca le atmosfere di “The Black Widow”
Se questo non basta per stimolare la lacrimuccia, continuiamo l’ascolto per incontrare “Wild Ones” e “Up All Night”: questo è rock’n’roll eseguito con classe a secchiate. Ci sono tutti gli ingredienti della ribellione, della cultura che ha dato i natali a dischi eterni e ha contaminato l’intero pianeta.
“Wild Ones”, prima co-scritta da Dunaway dai tempi di “Under My Wheels”, accelera il ritmo, mentre “Up All Night” vede un Alice provocatorio su riff serpeggianti: “Posso durare tutta la notte”, canta a 77 anni.
C’è ironia, teatralità, oscurità e quel mix di hard rock e cabaret macabro che ha reso gli Alice Cooper unici. Più che un ritorno, è una lezione di rock da parte del padrino dello shock rock, che quel linguaggio l’ha inventato mescolando horror, vaudeville e garage con geniale teatralità
Alice Cooper, Glen Buxton (R.I.P.), Michael Bruce, Dennis Dunaway, Neal Smith, una line-up leggendaria viene nuovamente ricreata intorno al “godfather of shock rock” in The Revenge Of Alice Cooper, un tuffo nella nostalgia per i suoni dei primi anni ‘70. Il quel periodo l’originale Alice Cooper Group registrò i classici diventati le fondamenta nella carriera di uno degli artisti più longevi e innovativi della storia del rock duro: “I’m Eighteen”, “Is It My Body”, “Ballad Of Dwight Fry”, “Under My Wheels”, “Killer”, “School’s Out”, “Elected”, “Billion Dollar Babies”, “No More Mr. Nice Guy”, “I Love The Dead”, e la lista potrebbe continuare.
Alice Cooper si è riunito con il chitarrista Michael Bruce, il bassista Dennis Dunaway e il drummer Neal Smith per ricreare l’alchimia e la magia sprigionate nel corso di quei primi anni ‘70 (dopo i primi due lavori realizzati meno maturi, senza la guida di Ezrin) che diedero vita ai brani storici citati e a tanti altri indimenticabili. Manca Glen Buxton, purtroppo scomparso nel 1997 (per le complicazioni subentrate in seguito a una polmonite) ma la sua presenza in questo nuovo disco è garantita da registrazioni di sue vecchie parti di chitarra, intorno alle quali il resto del gruppo ha ricreato quella formazione leggendaria.
Di solito quando queste “operazioni nostalgia” vengono costruite, c’è quasi sempre qualcosa che stride, un po’ perché i tempi sono irrimediabilmente cambiati ma, almeno dal punto di vista sonoro, un’assoluta garanzia è la presenza dietro al mixer dello stesso produttore (e songwriter) dell’epoca, Bob Ezrin, tornato al fianco di Alice Cooper da “Welcome 2 My Nightmare”. Con quel lavoro lo Alice aveva già provato a ricreare certe atmosfere con un sequel del suo primo celebrato lavoro solista, e con risultati dignitosi.
Lo so vi starete chiedendo: “Ma la magia di un tempo si può ancora sprigionare?”
L’opera si apre sulle note ispirate di “Black Mamba”, un episodio intriso di psichedelia e atmosfere seventies, con il basso di Dennis Dunaway in grande evidenza e con l’apporto alla chitarra solista del guest Robby Krieger (The Doors).
L’inizio è decisamente impressionante, e diventa esplosivo quando dagli amplificatori irrompe “Wild Ones”, introdotta da una deliziosa intro chitarristica, uptempo (al netto della parte iniziale) che potrebbe diventare un classico anche dal vivo, con vocals catchy mentre l’atmosfera sognante anni ‘70 rimane presente in sottofondo, esaltata dalla produzione convincente di Bob Ezrin.
Ritroviamo il mood sinistro e conturbante delle atmosfere tipicamente cooperiane in “Steven”, nella classe di “Kill The Flies”, a cui manca solo un po’ di punch per far breccia anche presso il pubblico che brama suoni più duri, il pezzo in sé rimane delizioso con il suo mood sognante e un coretto infettivo.
Anche “One Night Stand”, con le sue vocals quasi da crooner, che sfrutta linee di canto pregevoli accompagnate da chitarre liquide, è un altro centro.
“Blood On The Sun” è più lunga ed epica, ritornano le citazioni ai The Doors, e sono ancora una volta i paesaggi sonori seventies, le chitarre e il basso a dominare la scena, con gli arrangiamenti che meritano una menzione.
La sezione centrale del lavoro sembra un omaggio al rock’n’roll più diretto e scarno della fine degli anni ‘60, e “Money Screams” presenta pure un’influenza punk, e l’opera si rifà più creativa con “What a Syd”, in cui Alice Cooper sembra divertirsi davvero tanto in un contesto musicale e vocale decisamente retrò, sostenuto dal lavoro memorabile al basso di Dunaway.
Il trip settantiano riprende vigore con “Inter Galactic Vagabond Blues”, un hard rock psichedelico che ben rappresenta la libertà artistica di quegli anni, un approccio selvaggio mantenuto anche dalla successiva “What Happened To You”. Il pezzo riunisce virtualmente l’originale Alice Cooper Group grazie alla presenza delle tracce registrate in vita da Glen Buxton in un hard torrenziale con elementi boogie rock, a commuovere e far riflettere, mettendo in musica quel sentimento di fratellanza che ha sempre legato la band, anche nei silenzi più lunghi.
L’album si chiude, bonustrack escluse, con la ballad “See You On The Other Side”, dedicata a Glen Buxton, un lento sentito che recupera un po’ le atmosfere sognanti prevalenti soprattutto nella prima metà del lavoro.
E nell’ottima “See You On The Other Side”, un saluto e un arrivederci dedicato ai rocker che non ci sono più. Con la frase “Ci vediamo dall’ altra parte”!
Questo Album è puro divertimento hard rock, passando tra “One Night Stand” e “Crap That Gets in the Way on Your Dreams”, brani di facile ascolto che fanno muovere il piedino, mettono di buonumore e lasciano un sapore buono in bocca, qualcuno direbbe come il rum dopo un sigaro cubano!
“Famous Face” la vedo come una possibile hit, vediamo se il futuro mi darà ragione. La causa è una mirabile parte di chitarra, un’accattivante melodia e una esecuzione perfetta.
In questo album si spazia tra influenze degli anni ’60 con “Money Screams” e “What a Sid”, mentre si accelera un pochetto con “Inter Galactical Vagabond Blues”.
Secondo me si sono divertiti alla grande a fare questo album: il disco lo trasmette nella sua semplicità e come direbbero i tedeschi di 200 anni fa, è “durchkomponieren”, ossia “composto attraverso”, frutto di emozioni palpabili nella musica!
Un grande applauso alla tecnica, alla musica e al rock crudo. E a chi dice che non sia nulla di nuovo replichiamo: E MENO MALE!
The Revenge Of Alice Cooper è al contempo un tentativo, perlopiù riuscito, di ricreare atmosfere della generazione (sessanta/Settanta) dallo stile inconfondibile, e un omaggio al classico rock’n’roll con cui Alice e il suo gruppo sono cresciuti.
Alcuni pezzi sono clamorosi, altri sono “solo” un divertito omaggio alle influenze musicali della band, ma ogni traccia è confezionata con cura, prodotta in modo pregevole e l’ascolto del lavoro riserva svariati momenti in cui è palese che ci troviamo davanti a una formazione ancora in grado di sfoggiare lampi di classe.
Ma c’è un ma, non aspettatevi suoni heavy metal o una grinta giovanile che qui ha lasciato posto all’amore per le sezioni strumentali e le ambientazioni sonore settantiane, ai ricordi dei bei tempi che furono e alla reprise del più classico, intramontabile rock’n’roll.
Ma The Revenge Of Alice Cooper non è un’operazione nostalgia. È un album vivo, che respira rock’n’roll autentico, registrato in uno studio “alla vecchia maniera” nel Connecticut statunitense, dove “gli Alice Cooper originali” hanno ritrovato, insieme allo storico produttore Bob Ezrin, il suono e la magia che li ha resi immortali.
E sì, Michael Bruce suona ancora come se fosse il 1971, ma con la consapevolezza, e l’ironia, di chi ha attraversato l’inferno del rock… ed è tornato per raccontarlo.
Da una parte, abbiamo episodi riuscitissimo, come “Wild Ones”, un brano energico di puro hard rock che ci restituisce la band nella sua forma migliore; “What A Syd”, guidata dal basso notturno e sinuoso di Dunaway; “Inter Galactic Vagabond Blues”, con le sue atmosfere fantascientifiche che sembrano uscire dalla penna dei Blue Öyster Cult; oppure “What Happened To You”, che vede tra l’altro la presenza di un riff suonato da Glen Buxton e conservato da Dunaway per mezzo secolo.
Ricordo che Cooper ha recitato nel film “Nightmare 6” nel ruolo del padre di Freddy Krueger, e hai recitato anche con John Carpenter e il Film “Suspiria” è tra i suoi film preferiti.
Dai social Alice Cooper afferma: “Sto una favola; sono davvero soddisfatto per com’è andato il concerto a Bologna; l’audience è stata fantastica”, ci racconta Alice Cooper a pochi giorni di distanza dal concerto che lo scorso 8 luglio2025 lo ha visto esibirsi al Parco Caserme Rosse di Bologna, unica data italiana” ed io aggiungo ha ragione è stato un vero e proprio Show Rock! (Vi invito a leggere il mio articolo-reportage postato sul Blog Di Radio Febbre il 14 Luglio 2025).
Oltre a ciò Venerdì 25 luglio 2025 , Alice Cooper ha reso omaggio a Ozzy Osbourne durante il suo ultimo concerto londinese, non senza un piccolo aiuto da parte di un amico di lunga data: Johnny Depp.
Alice Cooper, ha sorpreso il pubblico dell’O2 Arena con un omaggio al frontman dei Black Sabbath, morto il 22 luglio all’età di 76 anni. Depp è apparso all’improvviso, mentre il gruppo eseguiva “Paranoid”, iconico successo del 1970 dei Black Sabbath.
Il divo, compagno di band di Cooper negli Hollywood Vampires, è salito sul palco con la chitarra a metà del brano. Il cantante, che indossava una maglietta di Osbourne, ha poi alzato il pugno in aria mentre la canzone giungeva al termine.
Vi consiglio di ascoltare questo nuovo album poiché Alice Cooper è tornato con la sua vecchia band originale a far dei veri e grandi “pezzoni”!
Buon Ascolto!
Da parte mia è tutto.
Alla Prossima da SonoSoloParole.
Scritto da: SonoSoloParole
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