RADIO FEBBRE
Intervista Dema - 08.10.2025
Richard Ashcroft al secolo Richard Paul Ashcroft, cantautore britannico, noto come frontman, voce e membro fondatore della band del gruppo musicale The Verve (verso la fine degli anni ottanta, insieme a tre amici Nick McCabe, Simon Jones, Peter Salisbury dava vita ai Verve) sodalizio dal 1990 al 1995 e dal 1996 al 1999.
Finalmente libero di fare ogni cosa secondo ispirazione, dall’inizio del 1999 Ashcroft intraprende la carriera solista e lavorare a mente libera ai pezzi che ha già iniziato a comporre durante gli ultimi periodi insieme alla band e lo aiutano il nuovo manager e la moglie Kate Radley, in precedenza tastierista degli Spiritualized.
È amico di Noel e Liam Gallagher degli Oasis e di Chris Martin dei Coldplay, il brano degli Oasis “Cast No Shadow”, contenuto nell’album (What’s the Story) Morning Glory? è dedicato ad Ashcroft, che avrebbe ricambiato il favore intitolando il disco dei Verve A Northern Soul in onore di Noel. Ashcroft ha collaborato con gli Oasis per il brano “All Around the World” (contenuto in Be Here Now), pezzo di cui è una delle seconde voci.
In un’intervista del 2006 Richard Ashcroft ha ammesso di aver fatto uso di Prozac per combattere la depressione, ma di non aver ottenuto l’effetto sperato.
Richard Ashcroft è noto per le sue ballate sul tema dell’amore grandioso, è uno stile che a volte divide l’opinione pubblica.
Lovin’ You, opportunamente intitolato, è l’ottavo album in studio di Ashcroft e prosegue il sound familiare che ha portato avanti e perfezionato fin dal debutto dei The Verve, “A Storm in Heaven”.
L’album, era previsto originariamente in uscita il 3 ottobre 2025 ma fu spostato al 10 Ottobre 2025.
Il sound di Ashcroft è ora più completo e ha un appeal più ampio, caratterizzato da ritmi acustici diretti, orchestrazioni occasionali e la sua distintiva voce dal timbro Northern. Tutti questi elementi sono presenti e ben eseguiti in questa uscita. Anche dopo una pausa di sette anni, brevemente interrotta dal suo recente ruolo di spalla agli Oasis, il suono e l’anima della sua musica rimangono inconfondibili.
L’album si apre con “Lover”, una straordinaria cover di “Love and Affection” di Joan Armatrading (è stata la prima musicista britannica, sia maschile che femminile, a raggiungere la prima posizione nella classifica di Billboard per gli album di blues).
Ashcroft estrae la melodia e il magnifico riff di violoncello per dare vita al brano e Armatrading ha recentemente espresso il suo apprezzamento: “Adoro come ha usato la mia canzone e adoro la sua”. L’approvazione è pienamente valida, l’interpretazione di Ashcroft è una ballad rock britannica al suo meglio. Qui, la sua voce si libra con lo stesso fervore evangelico che ha reso Bitter Sweet Symphony un inno generazionale: quell’inconfondibile accento di Wigan ora temperato da anni di esperienza vissuta, ogni frase pronunciata con la convinzione di chi crede ancora che la musica possa guarire il mondo.
È un brano che eleva l’umore, fungendo da ottimo antidoto alla negatività dei media frenetici di oggi. La sua presenza all’inizio dell’album definisce il tono dell’intero lavoro, e la recente ammissione di Ashcroft che il suo sound ricorda quello dei Beach Boys sembra azzeccata.
In tutto il disco, c’è un modo semplice ma efficace di suonare la chitarra che completa il suo approccio vocale distintivo. Il suono generale appare senza fretta, è stato accuratamente realizzato e riscritto, puntando a un ritorno a una scrittura più sofisticata.
In brani come “Out Of These Blues” e “Fly To The Sun”, Ashcroft dà ampio spazio al suono e ai testi per crescere e stabilizzarsi. Si tratta di un’evoluzione notevole rispetto ai lavori precedenti. Qui, la voce di Ashcroft opera nel suo registro più confortevole: quel punto debole di gamma media dove il suo vibrato naturale può respirare liberamente, e ogni nota sostenuta porta con sé il peso di una saggezza duramente conquistata. Vale anche la pena notare un maggiore utilizzo della chitarra solista con effetti a pedale, che conferisce uno stile più rotondo alla produzione dell’album. Questo stile di scrittura ricorda Paul Weller (leader dei Jam e degli Style Council) ma è ancora chiaramente e definitivamente Ashcroft.
Il brano “Oh L’Amour” offre un’altra sorpresa vocale, a tratti, si spinge più in basso, producendo un baritono caldo e profondo che rivela nuove profondità a uno strumento che pensavamo di conoscere a fondo. Questo basso più ricco e risonante dimostra una notevole maturità vocale: dove un tempo avrebbe potuto sforzarsi per raggiungere note stratosferiche, ora trova potenza nella moderazione. È un brano meno prolisso, ma lancia comunque un chiaro grido di guerra per amore e affetto con il verso toccante: ” Tutti hanno bisogno di qualcuno da abbracciare… “.
La sua interpretazione qui è intima ma autorevole, a dimostrazione che la sua voce non ha perso nulla del suo fascino magnetico. Temi simili percorrono “Find Another Reason”, che presenta alcuni splendidi riff in stile Pink Floyd intrecciati in una performance vocale più forte, sebbene qui la sua tendenza al fraseggio ripetitivo a volte sembri più un comfort food artistico che una vera e propria esplorazione.
Uno dei momenti più inaspettati dell’album arriva con “I’m a Rebel” in cui Ashcroft sperimenta con un riff electro-dance. Ispirandosi al repertorio dei Daft Punk, la configurazione vocale di accompagnamento non è mai stata ascoltata nel repertorio di Ashcroft. Sebbene siano necessari alcuni ascolti per apprezzare veramente questa svolta e il suo impatto, non risulta mai deludente o fuori luogo, sebbene sollevi dubbi sul fatto che tali deviazioni siano funzionali alla coerenza complessiva dell’album. La sua voce, elaborata attraverso filtri ed effetti, diventa un ulteriore strumento nel mix, pur mantenendo l’essenziale DNA di Ashcroft.
Il brano si conclude con il suo tipico, inconfondibile suono vocale che si fa strada attraverso la base musicale continua, come se si aprisse un varco tra le nuvole temporalesche per raggiungere un cielo terso.
La title track, “Lovin’ You”, si allontana ancora una volta dal sound solista di Ashcroft e torna allo stile dei lavori successivi dei Verve. Il ritornello principale ripetuto come outro è un gradito ritorno e un modo semplice ed efficace per far emergere l’essenza di una canzone in cui Ashcroft invoca ancora una volta amore e speranza. Qui, la sua voce esprime tutta la sua potenza: quella qualità imponente, quasi spirituale, che lo ha reso la voce di una generazione, ogni nota si eleva con la sicurezza di chi non ha mai dubitato della propria mitologia.
“Crimson Fire” offre più o meno lo stesso genere, con più disperazione nei testi: “È un periodo strano per essere vivi”, ci dice, un sentimento che pochi metterebbero in discussione. Presenta suoni più audaci e vigorosi, più simili a “Love is Noise” dall’album del 2008 dei The Verve, “Forth”, anche se a volte sembra un artista che ripercorre territori emotivi familiari piuttosto che esplorare autenticamente nuove profondità psicologiche.
“Heavy News” è forse il brano più audace e pesante dell’album, con una produzione che trascina la voce di Ashcroft attraverso molteplici strati sonori che si alternano continuamente. La sua voce qui diventa sia un’ancora che una vela, ancorando il denso arrangiamento e allo stesso tempo sollevandolo verso la trascendenza. Eppure, nonostante tutta la sua ambizione, il brano soffre occasionalmente di sovrapproduzione, con il carisma naturale di Ashcroft a volte sepolto sotto strati sonori superflui. Il posizionamento di questi brani, insieme a quelli incentrati sull’elettronica, conferisce all’album una forte sensazione generale che si basa sulle consuete tracce acustiche piene di speranza per le quali il suo suono è così ben definito.
Dopo che “Natural Rebel” del 2018 ha ricevuto recensioni contrastanti, si sarebbe potuto pensare che la stella di Richard Ashcroft stesse iniziando a tramontare.
Tuttavia, la sua uscita del 2021, “Acoustic Hymns Vol. 1”, ha riacceso parte di quella fiamma tanto amata di Ashcroft. Questo album dimostra che Richard Ashcroft non vuole né ha bisogno di allontanarsi troppo dallo stile che ha contribuito così tanto a creare.
Richard Ashcroft lo si può definire “architetto del rock britannico moderno”, ha ben poco da dimostrare; sa scrivere canzoni semplici, spesso bellissime, con una produzione diretta e che suonano comunque rilevanti.
Lovin’ You presenta momenti in cui Ashcroft mette alla prova la sua arte, il che accresce l’intrigo della sua ultima produzione, i grandi brani che risuoneranno nel suo prossimo tour a Manchester il prossimo Novembre e in tutto il Regno Unito nel nuovo anno saranno quelli che lo hanno spinto così lontano per così tanto tempo. Brani come “Lover”, “Oh L’Amour” e “Out of These Blues” suoneranno fieri e autentici.
L’album si muove tra atmosfere orchestrali e ritmiche decise, come nella grintosa “Heavy News”, dove il tema della resilienza si fa manifesto, e momenti più intimi e caldi, come “Oh l’amour”, che esprime la necessità universale di vicinanza emotiva.
Lovin’ You è sia una rivendicazione che una rivelazione, la prova che la voce di Richard Ashcroft rimane una forza della natura inarrestabile, capace di trasformare anche territori familiari in qualcosa di essenziale. Non si tratta solo di un ascolto consigliato; è una lezione magistrale su come la vera arte trascenda il tempo, le mode e le aspettative. In un’epoca di emozioni artificiali, Ashcroft offre la vera essenza: cruda, senza filtri e assolutamente vitale.
Non è certo il tipo da fermarsi a guardare indietro, Richard Ashcroft, nonostante i suoi iconici passi nella Cool Britannia di fine anni Novanta, il musicista inglese ha sempre cercato, da perfetto orgoglioso qual è, di seguire un proprio percorso, evitando il più possibile le etichette.
Con il nuovo Lovin’ You afferma con una dichiarazione d’affetto, verso sé stesso e verso il suo pubblico, questa personale traiettoria, mettendo al centro della sua poetica soprattutto voce e sentimenti.
Il cantautore originario di Wigan ha passato l’estate come supporter del tour di reunion degli Oasis, trovando (o ritrovando) un pubblico entusiasta, con i video degli stadi che cantavano in coro “Bittersweet simphony” diventati virali sui social.
Nelle dieci tracce del disco si alternano così episodi di vita, frammenti di esperienze e confessioni personali, ma anche la volontà di rinnovarsi, a suo modo, attraverso soluzioni meno prevedibili, porta avanti il suo linguaggio da crooner navigato per dichiarare amore, disperazione e necessaria redenzione.
Scritto e registrato dal suo stesso Ashcroft, in veste di coproduttore, accanto a Chris Porter e Emre Ramazanoglu, il disco intreccia chitarra e arrangiamenti essenziali con loop, beat elettronici e inserti sintetici, inserendo accenti più moderni in uno stile ormai ben riconoscibile.
Il cuore pulsante dell’albumresta comunque l’ugola carismatica di Richard, non è più la gara giovanile che aveva portato “Urban Hymns” in cima alle classifiche, ma un timbro vissuto, denso di pathos e a tratti baritonale, che si porta con sé lo scorrere inevitabile del tempo e dona un ulteriore tocco di drammaticità alle canzoni.
Con archi e una ritmica decisa, nella grintosa “Heavy news” canta di resistenza ai colpi sotto la cintura che la vita può riservare, mentre in “Oh l’amour” ammette “Everyone needs someone to hold”, lasciando emergere una rinnovata profondità emotiva espressa attraverso toni più caldi e intimisti.
Sul piano lirico, Ashcroft sceglie un registro diretto e confidenziale, l’amore e le relazioni sono al centro della narrazione, raccontati con immediatezza e senza artifici.
Amore e relazioni sono il tema centrale dell’intero lavoro, raccontati con una semplicità e un’immediatezza fuori dal tempo. In questo solco, trovano spazio le ballate ad ampio respiro, quali “Out of these blues”, “Fly to the sun” o “Live with hope” che, tra venature di americana e di gospel, mettono in primo piano stati d’animo luminosi e insieme carichi di disincanto, che da sempre sembrano accompagnarlo.
Lovin’ You ospita inoltre aperture più sperimentali e audaci: “Find Another Reason”, negli oltre cinque minuti della meditativa “Find another reason” si immerge in echi psichedelici reminiscenti del periodo più visionario dei Verve, mentre nella title track “Lovin’ you”, fa suo, come già fatto in passato con gli Stones proprio per la celeberrima “Bitterweet symphony”, il riff del 1968 di “Classical gas” di Mason Williams, accreditato come coautore. Un incidere quasi urban e cinematografico per una traccia che richiama amore e speranze in cui ogni parola sembra possedere grande saggezza.
Nel disco presenta anche momenti di rottura, come l’ibridazione elettro pop tentativi di spostare gli equilibri, come nei sintetizzatori di “I’m a rebel” in cui si affronta con una certa fierezza uno status di ribelle impenitente o nel singolo “Lover” che cerca un punto d’incontro tra pop immediato e pulsazioni elettroniche. Ne deriva un’ibridazione elettro pop dai toni e vagamente kitsch, ma che segnala la volontà di provare nuove direzioni senza troppe remore.
In questo modo, tra alti e bassi, “Lovin’ You” vive di oscillazioni, tra interpretazioni intense e assenza di vere e proprie hit, come tra orgoglio e dolcezza, ricerca e classicità. Pur con qualche incertezza, riesce però a trasmettere l’immagine di un artista sempre in movimento e mai accomodante.
Richard Ashcroft come al solito se ne infischia altamente delle mode, scegliendo piuttosto di continuare dritto per la sua strada. Non una corsa, ma un passo lento e costante e al solito, ostinato.
Richard Ashcroft, lontano dall’essere un artista ancorato al passato, conferma con Lovin’ You la sua determinazione a tracciare una traiettoria personale, distante dalle etichette e dai cliché e con questo album si concentra su un’intima celebrazione della voce e delle emozioni.
L’esperienza maturata negli anni, evidenziata anche dal successo ottenuto come supporter nel tour di reunion degli Oasis, si riflette nella scrittura e nella produzione del disco.
La sua firma è riconoscibile nell’intreccio tra chitarre essenziali e arrangiamenti minimali, arricchiti da loop, beat elettronici e inserti sintetici, elementi che modernizzano la sua cifra stilistica senza tradirne l’essenza.
Il nucleo emotivo di Lovin’ You è la voce di Ashcroft: non più quella giovane e graffiante che caratterizzava “Urban Hymns”, ma un timbro denso, a tratti baritonale, che riflette il passare del tempo e aggiunge pathos alle composizioni.
Nel complesso, Lovin’ You vive di contrasti e oscillazioni, tra intensità interpretativa restituisce l’immagine di un artista coerente, in continuo movimento, che si muove per propria scelta, lontano dalle mode del momento, con un passo lento ma costante e un’innegabile ostinazione.
Con Lovin’ You, Richard Ashcroft si conferma un artista in continua evoluzione, capace di riflettere sul proprio passato senza esserne prigioniero, dimostra maturità nel saper modulare il proprio timbro, trasformando il passare del tempo in una nuova forma di espressività.
Lovin’ You è dunque un lavoro che richiede pazienza e apertura mentale, un album per chi ama seguire un percorso artistico autentico, che non rincorre mode ma si evolve con onestà, un disco dal cuore umano, che conferma Richard Ashcroft come una voce imprescindibile della musica.
Vi ricordo che, se volete, potete ascoltare anche la mia personale selezione musicale che va in onda ogni mattina dalle 10 alle 10:30 dal Lunedi alla Domenica che varia dal pop, rock, metal, heavy metal, musica italiana e non anche musica di cantanti che in altre Radio difficilmente ascolterete, quindi rimanete sintonizzati su Radio Febbre per non perdere tutta la buona musica!
Da Parte mia è tutto.
Buon Ascolto!
Alla Prossima da SonoSoloParole.
Scritto da: SonoSoloParole
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