RADIO FEBBRE
Intervista Dema - 08.10.2025
Taylor Swift al secolo Taylor Alison Swift, ha remote origini in parte italiane e tedesche: un suo trisavolo paterno, Carmine Antonio Baldi, emigrò nel 1862 negli Stati Uniti da Castelnuovo Cilento in provincia di Salerno e si sposò a Filadelfia.
Il 12 agosto 2025, in seguito ad un countdown sul suo sito web e sui suoi profili social, Swift annunciò l’uscita del suo dodicesimo album in studio, The Life of a Showgirl, durante una puntata del podcast del suo compagno Travis Kelce, New Heights tight end dei Kansas City Chiefs e futuro marito. L’uscita dell’album è avvenuta il 3 ottobre 2025.
Qui non occorre dire chi è Taylor Swift credo non ce ne sia bisogno basti pensare che nel 2024 Swift è la prima artista nella storia a vincere 4 volte il Grammy per l’album dell’anno con Midnights, premiato anche nella categoria miglior performance vocale pop.
Dodici album, centinaia di canzoni, miliardi di stream, record spezzati a ritmo stagionale e una fanbase planetaria che ha trasformato ogni sua uscita in un evento transmediale.
Una dichiarazione di potere: Swift non è solo una popstar, ma una forza gravitazionale capace di riscrivere i confini del pop e della cultura di massa.
Il titolo stesso è una dichiarazione d’intenti ambigua: The Life of a Showgirl gioca con l’immaginario della diva, tra pellicce e palcoscenici dorati, ma lo fa con distacco, quasi come se la maschera stesse cominciando a pensare.
Swift si presenta lucida e consapevole, eppure spesso distante, il risultato è un disco riflessivo, multiforme e talvolta sfuggente, dove l’urgenza espressiva cede il passo a una certa misura.
Per la Swift è tempo dell’Era Orange, è questo il colore che contraddistingue il suo dodicesimo album, sedicesimo considerando le Taylor’s Versions, scelta cromatica anticipata da alcuni abiti di scena indossati dalla cantautrice americana durante l’Eras Tour, un colore rilassante, quello del tramonto, degli spritz, perfetto per riflettere il periodo felice che la Swift sta attraversando, ricco non soltanto di soddisfazioni professionali ed economiche, ma anche personali, con una relazione sentimentale finalmente stabile, quella con il campione di football americano Travis Kelce, che condurrà la coppia la prossima estate al già annunciato matrimonio.
Un album da 40 minuti scarsi per 12 canzoni: già una differenza sostanziale rispetto alla monumentalità di The Tortured Poets Department dell’anno scorso, che durava quasi due ore e mezza tra edizioni ampliate e bonus track.
Evoluzione sì, ma alla maniera di Taylor, anche se in cabina di regia non c’è più il suo storico team composto da Jack Antonoff e Aaron Dessner, bensì il ritorno di Max Martin e Shellback, duo svedese che ha plasmato i suoi più grandi successi pop degli anni 2010: Shake It Off, Blank Space, Don’t Blame Me, Bad Blood.
L’album si apre con il primo rullante di “The Fate of Ophelia”, ispirato ai Fleetwood Mac (gruppo musicale anglo-statunitense che ha raggiunto un grande successo a livello mondiale, con oltre 100 milioni di album venduti e nel 1998, sono stati inseriti nella Rock and Roll Hall of Fame), e dalle malinconiche tastiere, sembra che Taylor si inoltri in territori inesplorati. Ma era solo un’impressione iniziale: il suo mondo pop rimane quello che ha costruito finora.
In “The Fate of Ophelia” Taylor torna a ispirarsi a Shakespeare, lei che sul mito di “Romeo e Giulietta” nel 2008 basò “Love story”, una delle canzoni di Fearless. In questo brano intreccia la tragedia shakespeariana di Ophelia con la sua narrativa personale: isolamento, vulnerabilità e salvezza grazie a un amore che emerge come luce in un cielo oscuro. Tra metafore letterarie e immagini poetiche, il brano è un pop teatrale che celebra resilienza e devozione.
In questo primo brano Taylor Swift racconta di come ha evitato la fine di Ofelia grazie al suo principe azzurro che l’ha tirata fuori dalla tomba (Biancaneve, zombie e Shakespeare in un solo respiro).
Il tutto in un brano synth-pop affannato, che ricorda vagamente la progressione armonica e il tempo lento di Summertime Sadness e non ha nulla di coerente all’immaginario di lustrini e teatralità del concept.
Qui la metafora dell’annegare nella malinconia e della salvezza operata da un amore che “ti ha scavato fuori dalla tomba” è letta come il punto di svolta della relazione con Travis Kelce.
“Elizabeth Taylor” è un pop scintillante e glamour con un’ombra di ironia, la diva di Taylor riflette sul successo, la fama e i desideri personali, alternando sarcasmo e vulnerabilità. La melodia rimane in testa, tra riferimenti a Portofino e Hollywood, unendo cronaca mondana e introspezione sentimentale.
Qui sembra parlare effettivamente di showbiz, ma con un vittimismo che conosciamo bene: “Hollywood non mi vuole bene, quindi me ne sto a New York”.
E del resto, come si può leggere in modo sincero il suo desiderio di fiducia se subito dopo “darei in cambio il mio Cartier per una persona di cui fidarmi” aggiunge “sto scherzando”?
In “Elizabeth Taylor” cita l’icona del cinema, nella quale sembra rispecchiarsi raccontando la storia d’amore con il futuro marito Travis Kelce: “Tutti i ragazzi avevano promesso che sarebbero rimasti – sotto le luci intense, sono appassiti: tu fiorisci”. Ma la Swift Aveva citato Taylor e Richard Burton già in “Ready for it?”, contenuta in Reputation del 2017.
In questo omaggio alla diva Taylor cita luoghi cari a Elizabeth, dal Plaza Athénée di Parigi al Musso & Frank’s di Los Angeles, e disegna un parallelo tra il luccichio della fama e la solitudine che lo accompagna. La traccia accosta il glamour alle sue ombre, senza abbandonare l’ironia.
“Opalite” è il racconto di solitudine e rinascita emotiva: il cielo Opalite simboleggia la trasformazione del dolore passato in luce delicata. Le liriche oscillano tra ironia e sincerità, mettendo in scena un percorso di guarigione interiore tra ricordi di amori finiti e nuova consapevolezza.
Una canzone buona se solo il suo arrangiamento decidesse cosa vuole essere: ABBA, country pop o Dua Lipa. Io opterei per “Mammammaria”, viene da dire citando i nostri Ricchi e Poveri, perché quella discesa “oh oh oh” che chiude il ritornello sottolineando la cadenza appartiene al reame delle filastrocche, non delle popstar: non la fine che questa riflessione sulle proprie cattivi abitudini sentimentali meritava. E di showgirlismo di nuovo nessuna traccia.
Arriviamo a “Father Figure” dove Taylor gioca con immagini di potere e protezione, tra metodi autoritari e cura affettuosa. Il testo esplora le dinamiche di influenza e lealtà con sarcasmo e teatralità, mescolando metafore di business, violenza e famiglia: un pop oscuro e strutturato come una mini-narrazione cinematografica.
In “Father figure” Swift usa il simbolo della figura paterna per parlare di strutture di potere, ritratte come organizzazioni mafiose: il riferimento è all’ex CEO dell’etichetta discografica di Swift, Scott Borchetta, alludendo alle sue origini italo-americane e al modo in cui conduce gli affari.
Swift racconta di come le famiglie mafiose parlino di amore e lealtà, ma in realtà siano solo aziende create per generare profitto: una metafora di come Scott Borchetta si comportasse come una figura paterna per Swift, ma in realtà la stesse solo usando per arricchirsi.
“Eldest Daughter” è riflessivo e nostalgico, il brano racconta la crescita, i ricordi d’infanzia e la lealtà verso chi conta. Taylor mescola ironia, autocoscienza e dolcezza, trasformando la vulnerabilità in forza e celebrando il legame con le persone care in un mondo virtuale spesso cinico, in cui parla di traditori.
Non originalissimo: lo affrontò anche in “Dear John” in Speak now, in “Is it over now” in 1989 e in “Getaway car” in Reputation. La canzone è un modo per compattare il suo esercito: “Non romperò mai quel voto – non vi lascerò mai”.
“Eldest Daughter” è confessione di famiglia: il peso del ruolo di primogenita, la fedeltà ai propri e la promessa di non abbandonare nonostante i tradimenti e gli “smooth operators”, i manipolatori.
“Ruin The Friendship”, una ballata sul rimpianto, l’immagine del ballo, il fiore appassito, il “dovrei averti baciato” che resta sospeso, traccia che parla di occasioni perdute e della ferita del non detto.
In “Ruin The Friendship” il testo è un racconto adolescenziale di rimpianti e desideri non detti: baci mancati, convenzioni sociali e il conflitto tra amicizia e attrazione. Swift cattura l’intimità dei ricordi, rendendo il pop cinematografico, quasi come un film di formazione emotiva. La base sembra prendere una reference da “Don’t Look Any Further” di Dennis Edwards. E’ unpezzo stilizzato intorno a un groove di basso e batteria
“Actually Romantic”, brano ironico e adorabilmente esasperato: gelosie, rivalità e piccoli atti di ossessione diventano romanticismo. Taylor trasforma frustrazione e infatuazione in pop brillante, con testi che oscillano tra Prima di tutto c’è la produzione rock sporca, pseudo-grunge, che dopo anni di Gayle e Chappell Roan e Olivia Rodrigo (proprio quella che fu accusata di aver copiato Swift!) ora suona a dir poco derivativa: la maestra ha copiato le alunne, si potrebbe dire. E questo senza contare il terzo accordo della progressione, preso di peso da “Where Is My Mind?” dei Pixies, ma ormai questo prestito è stato compiuto da così tanti artisti, che il vero crimine è la mancanza di originalità.
“Wi$h Li$t” è pop sognante e realistico, tra desideri materiali e quotidianità sentimentale: sogno di famiglia, libertà e intimità domestica. Il testo celebra ciò che conta davvero, mescolando aspirazioni lussuose e semplicità rassicurante, con un senso di realismo romantico e dolcezza domestica.
In “Wood”, tra superstizione e sensualità, Taylor racconta come l’intimità trasformi la vita: metafore giocose e immagini fisiche rendono il brano sensuale e ironico. Il testo esprime come l’amore possa cambiare la percezione della fortuna e portare leggerezza in un pop accattivante e giocoso.
“CANCELLED!” è ironico e tagliente, racconta il giudizio pubblico e l’ipocrisia dei social. Taylor celebra gli amici leali in un mondo di scandali e maschere, trasformando la critica sociale in pop dark-glam, dove sarcasmo e teatralità dominano le liriche.
“Honey” è un pop sensuale e dolce, incentrato sull’intimità e sulla fiducia tra due persone. Taylor trasforma piccoli gesti quotidiani in metafore romantiche e sensuali, facendo emergere il valore della presenza e della protezione emotiva attraverso liriche delicate e personali.
Per finire, la title track vede l’unico feat dell’album con Sabrina Carpenter: una sorta di duetto tra showgirl e star del pop globale. Inoltre, compare anche la firma di George Michael, che ottiene un credito di co-scrittura in “Father Figure”, (omaggio a George Michael costruito sull’interpolazione del suo classico del 1987) interpolando proprio il suo successo omonimo del 1987.
La George Michael Foundation ha persino pubblicato un messaggio di approvazione su Instagram, ringraziando Taylor per aver incluso George Michael in “un momento così speciale”.
“The Life of a Showgirl” (feat. Sabrina Carpenter) è un traccia teatrale e narrativa: la vita dello showgirl tra ambizione, sacrificio e resilienza. Taylor e Sabrina raccontano glamour, duro lavoro e trionfi, tra ironia e realismo, celebrando la forza delle donne che affrontano un mondo competitivo e scintillante, con testi ricchi di immagini vivide e teatrali.
Duo finale con Sabrina Carpenter che mette in scena il dietro le quinte della vita da showgirl: splendore e prezzo del palco, lezione che la più esperta consegna all’esordiente e l’ultimo inchino, “That’s our show – We love you so much, goodnight!”, chiude il cerchio dell’album.
Il nuovo album di Taylor Swift, The life of a showgirl, ha, com’era prevedibile, battuto parecchi record. Su Spotify è diventato l’album più pre-salvato di sempre (oltre cinque milioni di pre-save) e l’album che ha generato più streaming di sempre in un solo giorno nel 2025. Negli Stati Uniti, il disco ha venduto 2,7 milioni di copie (fra dischi fisici e download digitali) nel primo giorno di pubblicazione, diventando il disco più venduto del 2025; ed è stato il secondo disco più venduto di sempre nel primo giorno di pubblicazione, superando The tortured poets department (sempre di Swift) ma non “25” di Adele (uscito 10 anni fa).
La mia impressione è quella di un disco soft-rock leggero e gradevole: chitarre acustiche, synth eterei, orchestrazioni delicate e cori sussurrati.
È, in definitiva, la vita di una showgirl: luci, ombre, glamour e quotidianità, incarnati da una delle più grandi artiste contemporanee.
È come se Swift “felicemente innamorata” faticasse a trovare una nuova voce artistica all’altezza della sua vena più brillante. La scrittura resta elegante, ma meno affilata del solito.
Musicalmente, il disco mantiene una coerenza estetica rara nel pop contemporaneo. La produzione, pur lontana dai colpi a effetto, è curata, setosa, quasi cinematografica. Un’estetica che trova il suo prolungamento anche fuori dal disco, in un progetto multimediale che accentua la dimensione narrativa e visiva del concept: già, perché per l’occasione è uscito anche The Official Release Party of a Showgirl, uno speciale da 89 minuti distribuito nei cinema, con scene inedite dai giorni di registrazione, backstage, confronti creativi in studio con Martin e Shellback, in contemporanea dell’anteprima mondiale del video musicale del singolo “The Fate of Ophelia”.
Non mancano nemmeno i lyric video visivamente coerenti, girati in Super 8 o filtrati da un’estetica vintage da West Coast anni ’70, in cui Swift introduce ciascun brano con brevi commenti d’autore, spiegazioni, retroscena, riferimenti nascosti. Ogni canzone diventa così parte di un micro-racconto in un universo controllato al millimetro. Ma a questa eleganza visiva e concettuale non corrisponde sempre un impatto emotivo altrettanto forte.
E allora come definire la nuova opera dell’artista a stelle e strisce? Non è un fallimento, né un’operazione pigra, The Life of a Showgirl è, piuttosto, un disco di transizione: il racconto di una popstar che cerca un riposizionamento tra le pieghe dorate del suo stesso mito, in un momento in cui la narrativa del “ritorno”, della vendetta o della rinascita sembra esaurita. In questo, può ricordare i dischi di certe cantautrici mature degli anni ’90, più interessate alla verità del dettaglio che alla conquista del singolo. Ma allora cosa ha ancora da raccontare Taylor Swift, ora che ha attraversato ogni narrazione possibile, l’ascesa, la caduta, la rivincita, la consacrazione? The Life of a Showgirl sembra suggerire che, al termine di questo percorso, resti solo la rappresentazione di sé. Ma quando anche il ruolo della showgirl si svuota, quando l’eccesso diventa routine, allora l’icona rischia di confondersi con il proprio simulacro. Tutto ben confezionato, ma senza particolari guizzi creativi. Ma non sarebbe corretto imputare a una popstar della caratura di Taylor Swift una mancanza di visione. Più semplicemente, il suo impero non si è mai fondato su produzioni avanguardistiche: Swift ha spesso preferito muoversi all’interno delle tendenze del momento piuttosto che crearle, e anche questa volta conferma la sua inclinazione a interpretare piuttosto che a dettare la linea.
Ascoltandolo posso dire che è un insieme di cabaret, confessione privata e sassolini tolti (dal tacco 12)!
Da parte mia è tutto.
Buon Ascolto!
Alla Prossima da SonoSoloParole
Scritto da: SonoSoloParole
today11 Ottobre 2025 10 4
Copyright © 2023-2025 - RADIO FEBBRE
Commenti post (0)