Radio Febbre
Intervista Steve - 25.06.2025
Abbiamo letto e sentito tutti della notizia del caso del direttore d’orchestra russo GERGIEV e del suo concerto che doveva dirigere alla REGGIA DI CASERTA. Oggi voglio dire la mia, dato che giustizia è stata fatta e alla fine, il concerto di Valery Gergiev alla Reggia di Caserta non si farà. Dopo giorni di polemiche e annunciate manifestazioni di protesta contro l’esibizione del direttore d’orchestra russo amico di Putin, la parola fine arriva con uno stringatissimo comunicato: «La Direzione della Reggia di Caserta ha disposto l’annullamento del concerto sinfonico diretto da Valery Gergiev, previsto nell’ambito della rassegna Un’Estate da Re per il prossimo 27 luglio nel cortile del Complesso vanvitelliano».
Tra le prime a muovere le accuse Yulia Navalnaya, vedova del dissidente politico Aleksei Navalny morto nel 2024 in un carcere in Siberia. In una lettera al quotidiano “La Repubblica” Navalnaya ha definito Gergiev «non solo un amico e non solo un sostenitore, ma anche un promotore della politica criminale di Putin, suo complice e fiancheggiatore», chiedendo a gran voce l’annullamento del concerto.
Inizio col dire che proprio i russi ci ha dimostrato quanto cultura e politica siano connesse, proprio loro che la sorvegliano e indirizzano da vicino, loro che quando nel 2014 invasero la Crimea, chiesero a centinaia di artisti russi di sostenere pubblicamente quell’invasione. Perchè loro sapevano che fare la guerra non era solo un’azione politica ed economica, era una scelta culturale, che doveva essere sostenuta dagli uomini di cultura.
Si, Il direttore d’orchestra russo, Valery Gergiev a capo del Bolshoi di Mosca e del Marinsky di San Pietroburgo, è uno dei massimi protagonisti del panorama sinfonico mondiale. Non ha mai condannato l’operato di Vladimir Putin in Ucraina.
E la firma n. 97 era quella del direttore d’orchestra Valery Gergiev che, in quell’occasione (e in molte altre, ad esempio dirigendo il concerto sulle rovine di Palmira), aveva detto: io sono un artista, ma non solo, per sostenere Putin nel lancio della guerra Russia-Ucraina. Lui è uno che non fa arte libera, ma la usa a fini politici nel suo Paese.
Il Presidente della Campania De Luca lo invitò a dirigere a Caserta, in nome della libertà dell’arte. Eh no, caro De Luca! Lui non è testimone di un’arte libera, ma di un’arte politicamente indirizzata. Invitarlo non era opportuno, lui che è tra i consiglieri di Putin.
E mentre noi discutevamo se era opportuno o meno tale evento, il pubblico, per fortuna, stava scegliendo di disertare il concerto (vedi foto con le piantine e i posti liberi).
L’arte è una cosa, l’utilizzo dell’arte per propaganda è un’altra cosa.
Ma la cosa che mi sorprende e che tutti sono stati zitti! Non un direttore d’orchestra italiano se non qualcuno di cui nessuno ha dato risalto che si sia espresso. Non sia mai che in futuro si sia invitati a dirigere in Russia. E poi ci lamentiamo che non ci si tenga in considerazione, che non siamo un punto di riferimento intellettuale per l’opinione pubblica. Tutti zitti. Tutti senza prendere posizione.
Anche col silenzio di tanti musicisti, per fortuna la cosa giusta è stata fatta. E quella verso Gergiev non è censura, ma senso della civiltà e dell’opportunità. In questo momento Gergiev non poteva dirigere a Caserta, non senza prima pronunciare qualche parola di denuncia, senza prendere le distanze. Come hanno fatto, con sacrificio, tantissimi artisti russi, israeliani e di tanti Paesi che perpetrano reati contro l’umanità. Sì è sempre dalla parte dell’arte libera, che è quella che proviene da artisti liberi e da menti libere, che osteggiano guerre e si schierano senza pensarci contro le morti di civili.
Ma proprio per amore dell’arte, vorrei offrirle un pensiero che mi accompagna spesso: la musica non è mai neutra. È viva e vive nel mondo, dentro la carne, la storia, il dolore degli esseri umani. Arte e uomo non sono dei “separati in casa”. Quando un artista come Valery Gergiev decide consapevolmente di sostenere un regime che bombarda civili, invade territori e deporta bambini, non possiamo più separare la sua bacchetta dal contesto. Mi spiego? La sua direzione non è al di sopra degli accadimenti del mondo ma parte attiva. La bellezza di ciò che dirige non lava le mani di chi ha scelto il silenzio davanti all’orrore, o peggio: l’adesione. Perdonatemi la durezza, ma io penso che anche il pianista più virtuoso, se ha le mani sporche di sangue, non stia facendo musica. Sta cercando di ripulirsi.
Ed è proprio questo è il punto: la distinzione comoda tra “interprete” e “persona” serve solo a lavarci le coscienze e a lasciar suonare tutto, anche ciò che dovrebbe farci tremare.
Non si tratta di fare i buoni o i cattivi a seconda delle convenienze geopolitiche, ma di riconoscere la responsabilità individuale di artisti che scelgono di essere strumenti di potere. Mi pare chiarissimo: Valery Gergiev non è un semplice musicista russo che tace: è un uomo di regime, che ha diretto concerti a sostegno dell’annessione della Crimea e firmato pubbliche dichiarazioni di appoggio a Vladimir Putin. Non ha mai preso le distanze, nemmeno davanti a stragi di civili. In quanto artista di fama mondiale, con un ruolo simbolico e un’enorme visibilità, il suo silenzio non è neutrale. È un atto politico che rappresenta azioni violente, prevaricanti ed inaccettabili. E in quanto tale, genera delle conseguenze. Credo che la differenza stia proprio nel riconoscere cosa rende il caso Gergiev così grave e così emblematico: non è russo “in quanto tale”, è un artista schierato, non tutti gli artisti russi lo sono certo ma Gergiev sì. Il rischio è proprio questo: mettere tutto sullo stesso piano, dire “e allora anche Israele?”, quando il nodo è la contiguità pubblica, consapevole, reiterata con un regime che calpesta il diritto internazionale.
Esistono casi simili? Certo. Ma vanno valutati caso per caso. Quando un artista di qualunque paese presta la sua arte alla propaganda di un governo violento, allora la comunità culturale ha il dovere di prenderne le distanze. Non per “censura”, ma per coscienza. “L’artista non è un registratore dei fatti, ma una coscienza.” Diceva Dmitrij Šostakovič, compositore russo, nato a San Pietroburgo.
Valery Gergiev non è stato escluso perché è nato in Russia, ma perché ha scelto di essere il volto artistico della propaganda di Putin. Come scrivevo prima, egli ha diretto concerti celebrativi per l’annessione illegale della Crimea, ha firmato manifesti pubblici di sostegno al regime ed è uno dei pochi artisti di fama mondiale non silenti, ma complici. Il paragone che richiami con “calciatori IDF” (La nazionale di calcio d’Israele) o con altri musicisti è fallace: non è la nazionalità ad essere giudicata, ma la prossimità pubblica e consapevole con un potere criminale. Parlare di “nati in un paese genocida” è peraltro un’espressione pericolosa: vorrebbe forse dire che un artista israeliano nato a Tel Aviv ha meno diritto di parola? O che la colpa di un governo è ereditaria? Questo modo di pensare ci riporta ai peggiori fantasmi del Novecento. Penso che se davvero vogliamo giustizia, dobbiamo essere capaci di distinguere i casi concreti, e non scadere nel relativismo che rende tutto uguale, e quindi inattaccabile.
Cari Amici, “le parole non sono stronzate”, perché è esattamente con le parole che si giustificano (o si denunciano) i genocidi. È con le parole che Putin chiama “operazione speciale” una guerra d’invasione. È con le parole che si definisce “filantropico” chi deporta bambini. È con le parole che un artista decide se suonare per chi bombarda… o per chi resiste.
Io non chiudo gli occhi su nessun morto ma li tengo bene aperti anche sulle responsabilità di chi, come Gergiev, ha scelto di essere voce e volto di un regime violento.
Se tutto è orrore, allora niente è colpa. Ma io credo che ancora oggi valga la pena distinguere. E mi dispiace se questo, per molti sarà un problema.
Quanti discorsi e risposte ho letto e ascoltato che sembrano un mix di derisione personale, negazione dei fatti (Ucraina= guerra tra eserciti, Palestina= popolo inerme, quindi silenzio!) e soprattutto un’aggressività malcelata dal voler sembrare disincantata. Ma in realtà si sta solo fuggendo dal nodo centrale del discorso: la responsabilità personale di un artista che ha scelto di schierarsi con un regime criminale. E questo lo si sa e per questo si abbandona la logica e si scivola spesso nel livore. Se per tanti pensare è diventato inutile, mi dispiace: io continuo a credere che la differenza tra un artista e un megafono la faccia la coscienza.
Non è l’arte che si censura ma il sostegno alle nefandezze di una dittatura, quella russa, utilizzando il pretesto dell’arte e lo si deve fare con la schiena dritta.
Daniel Oren, direttore d’orchestra israeliano, proprio alla REGGIA di Caserta, dirigerà un’opera di Verdi il 23 e 25 luglio 2025 ma lui ha spesso dichiarato pubblicamentealla vigilia del ritorno dell’Aida “di cristallo” in Arena:“Prego ogni giorno attraverso la musica per la pace, ma credo che i politici non abbiano questa sensibilità”.
La differenza è molto semplice: Daniel Oren non ha mai diretto concerti in sostegno all’occupazione della Cisgiordania, né ha mai firmato appelli pubblici a favore di un governo accusato di crimini di guerra, Valery Gergiev sì, più volte e consapevolmente.
Sventolare il principio della coerenza per attaccare chi prende una posizione etica non è amore per la giustizia ma relativismo comodo, quello per cui nessuno può fare niente perché non si fa tutto.
La reazione dell’opinione pubblica internazionale non è sempre equilibrata tra i conflitti e secondo me questo è un tema importante, che meriterebbe analisi profonda. Ma qui, e lo dico sinceramente, non stiamo parlando delle guerre in astratto. Stiamo parlando di un artista preciso, Valery Gergiev, che ha scelto di schierarsi pubblicamente con un regime aggressore, firmando appelli, dirigendo concerti celebrativi, legando la propria arte alla macchina di propaganda. Ci tenevo passasse il concetto che questa è una responsabilità individuale, non una punizione collettiva. Non è un giudizio sulla Russia, né un’amnistia per Israele, né un’analisi comparativa tra guerre. È una semplice, quanto dolorosa ma fondamentale questione di coscienza individuale. Il relativismo da cui mi dissocio ci invita sempre a dire: “sì, ma anche altrove succede…”. Io invece penso che la coscienza si eserciti un caso alla volta. E in questo caso, non potevamo più far finta di nulla. Un po’ come parcheggiare in divieto di sosta, giustificandosi col fatto che “lo fanno anche gli altri”. Ecco, no!
Ricordiamo che il direttore d’orchestra italiano Arturo Toscanini, in un’epoca fascista, si rifiutò di eseguire l’inno fascista “Giovinezza” e l’Inno Reale durante un concerto a Bologna nel 1931 per compiacere il governo mussoliniano e questo rifiuto gli valse un’aggressione da parte di alcuni squadristi fascisti.
L’arte è fatta da esseri umani, non da un “ente superiore imparziale” (che, al massimo, può ispirare, se uno aderisce a questa visione romantica). Quindi, un artista compie azioni politiche anche solo esprimendosi, scegliendo i modi e le posture del suo agire artistico. Nel caso in questione, questo diretto d’orchestra ha appoggiato apertamente la politica di Putin, ergo lui stesso ha fatto politica.
Bene, questo è il mio parere che lo griderò sempre a gran voce.
Da parte mia è tutto.
Alla Prossima da SonoSoloParole.
Scritto da: SonoSoloParole
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setteincondotta il 30 Luglio 2025
Sono d’accordo con te. Gergiev ha preso una posizione precisa sui fatti e trovo assolutamente coerente “boicottarlo”.
Non sarà questo che cambierà le sorti del destino ma è l’unica cosa che possiamo fare come opinione pubblica, oltre che manifestare il nostro dissenso in piazza e nelle urne.