Radio Febbre
Intervista Steve - 25.06.2025
Oggi vi voglio raccontare la mia esperienza del concerto di Alice Cooper a cui ho assistito l’8 Luglio 2025 al Sequoie Music Park, nel Parco delle Caserme Rosse di Bologna per la sua unica data in Italia, quindi, se il caldo vi ammazza, l’umidità vi logora, l’afa vi ottenebra, mettetevi comodi al fresco magari con una bibita, se siete a casa accendete il condizionatore, se siete in vacanza mettetevi comodi sotto l’ombrellone e allacciate le cinture…. Lo spettacolo ha inizio!
Ci sarebbe tanto da dire su chi è Alice Cooper ma dirò giusto le cose essenziali per quei pochi che ancora con lo conoscono…
Alice Cooper al secolo Vincent Damon Furnier nasce a Detroit, Michigan il 4 febbraio 1948, cantautore e attore nonché uno dei personaggi più controversi e discussi nella storia del rock, Cooper, con oltre 50 milioni di dischi venduti in tutto il mondo.
Cooper è riconosciuto come uno dei massimi esponenti del cosiddetto shock rock, egli è soprannominato The Godfather of Shock Rock.
Apro una parentesi per spiegare cosa si intende per shock rock ossia quella categoria di gruppi o i musicisti che eseguono, solitamente durante i loro concerti, esibizioni con temi sessuali, violenti, dal forte impatto visivo sul pubblico e sulla critica. Il termine non identifica dunque un genere musicale, ma è riferito a quelle band di qualsiasi sottogenere del rock, che espongono una particolare scena e attitudine.
Proprio Alice Cooper fu, verso la fine degli anni sessanta, ma soprattutto all’inizio degli anni settanta fino ad oggi, uno dei più grandi e rinomati esponenti del genere. Le sue spettacolari ed elaborate esibizioni sono caratterizzate da un’atmosfera particolarmente tetra. Tratti distintivi delle sue performance sono bambole decapitate e il pitone vivo attorcigliato al collo. Questi e altri elementi furono di ispirazione per famosi artisti a venire, come i Kiss da metà degli anni settanta, i W.A.S.P., i Death SS, King Diamond e la sua band Mercyful Fate dagli anni ottanta e Marilyn Manson negli anni novanta.
Inoltre nelle performance di Alice Cooper è evidente il tipico corpse paint, un trucco facciale dalle sembianze “cadaveriche”.
Candidato 3 volte ai Grammy Awards, Cooper è stato insignito di due lauree honoris causa: la prima nel 2004 in arti dello spettacolo dalla Grand Canyon University e la seconda nel 2012 dal Los Angeles Musicians Institute.
Nel 2003 ha ricevuto la propria stella sulla Hollywood Walk of Fame, mentre nel 2011 è stato introdotto nella Rock and Roll Hall of Fame.
A metà degli anni sessanta Cooper diventa cantante degli Spiders, i quali cambiano nome dapprima in Nazz e poi in Alice Cooper, probabilmente prendendo il nome da una presunta strega bruciata a Salem nel diciassettesimo secolo.
Agli esordi Alice Cooper era una vera e propria band composta da 5 persone: Cooper come cantante (che nei dischi era accreditato come Vincent Furnier) Michael Bruce e Glen Buxton alla chitarra, Dennis Dunaway al basso e Neal Smith alla batteria.
La fortuna di Cooper di conoscere Frank Zappa, il suo maggiore idolo, fu determinante per il suo inizio di carriera, tant’è che Zappa diede un notevole aiuto al suo gruppo durante gli esordi. Furnier(Cooper) fece una buona impressione a lui e al suo manager Shep Gordon, e nel 1969 pubblicano il primo album, Pretties for You, per la loro etichetta, la Straight Records. Nell’album si avvertono molto le influenze folk e blues. Mentre la maggioranza degli artisti glam rock (genere in cui rientra il quintetto per molti critici) di quel periodo trattavano tematiche perlopiù sentimentali, la band di Cooper si differenziava per l’esposizione di argomenti come morte, tortura e necrofilia, canoni poi riconosciuti come tipici dello shock rock, frangia di cui Alice è un rappresentante illustre. Proprio l’eccentrica (per quei tempi) espressione musicale porterà alla band diverbi e accuse da parte delle associazioni più puritane negli Stati Uniti d’America.
Il genere espresso da Alice Cooper è di difficile catalogazione, avendo egli spaziato fra molti stili di rock diversi fra loro nel corso degli anni, ed avendo avuto quindi numerose sfaccettature. Il primo periodo della sua carriera da “Pretties for You a Muscle of Love” presenta un rock contaminato da generi come folk rock, blues, rock and roll, garage rock e country, mentre da “Welcome to My Nightmare” a “From the Inside”, il suo stile divenne più ruvido con sonorità hard rock e heavy metal, ma sempre conservando aspetti melodici.
Bene ma ora torno al concerto di questo artista iconico che è l’incarnazione di uno show esagerato e sopra le righe, con sessant’anni di carriera alle spalle.
Quello che Cooper ha portato sul palco del Sequoie Music Park, nel Parco delle Caserme Rosse di Bologna, non è solo uno spettacolo rock, è stato un mix, perfezionato in più di mezzo secolo di esibizioni dal vivo, di musica, teatralità e passione per la sottocultura horror in tutte le sue forme.
Cooper ha tutto quello che un performer nato dovrebbe possedere: una timbrica vocale distintiva, personalità da vendere, la capacità di diventare lui stesso una maschera, grazie a una mimica facciale degna di un mimo di professione, fino alla capacità di reinventarsi che lo rendono un artista ancora più visionario e originale. Tutte queste qualità, Vincent Damon Furnier le possiede ancora alla bellezza di settantasette anni, e le ha sfoggiate dalla prima all’ultima in questa performance nella città delle due torri.
Luglio è un mese speciale per l’artista simbolo dello shock rock, perché il 25 Luglio 2025 uscirà il suo nuovo album The Revenge Of Alice Cooper, registrato con tutti i membri superstiti del suo leggendario Alice Cooper Group, ma questo tour non è un’anticipazione del nuovo lavoro ma lo show rodatissimo che il vocalist sta portando in giro negli ultimi anni, con quasi tutti i grandi classici, qualche gemma meno eseguita e giusto un assaggio del materiale più recente.
Si parte subito da quest’ultimo, con una Welcome To The Show, dal recente Road a ricordare subito che il cantante è affiancato da musicisti dotati che formano un gruppo affiatato, in cui ogni elemento ha molteplici occasioni nel corso del set per mostrare il proprio talento.
Negli ultimi anni Alice Cooper non è l’unico grande artista ad aver compreso l’importanza di ruotare i brani in scaletta, anche solo per modificare il posizionamento dei propri cavalli di battaglia, in passato perlopiù preservati per la parte finale dello show.
A Bologna la giornata dell’8 Luglio 2025 è stata piovosa e molto più fresca rispetto alla consueta afa stagionale, e fece un certo effetto vedere tante felpe indossate in una serata di luglio, la pioggia è passata, permettendo al pubblico di godersi il concerto in tranquillità, ma lasciando anche un clima ben diverso dai giorni precedenti.
Sono da poco passate le 21.50 e l’oscurità della sera si è ormai impadronita del Parco delle Caserme Rosse di Bologna, quando “Alice Cooper banned in Italy”, strilla la pagina di giornale della fittizia “The Italian Gazette”, stampata su un enorme telone che domina il centro del palco e ne cela il cuore scenico. È il segnale che lo show sta per iniziare. Le chitarre squarciano il silenzio, la batteria entra frenetica, e l’ombra di Alice Cooper appare dietro il tendone che scherza con la memoria collettiva, richiamando i tempi in cui, all’inizio degli Anni Settanta, i suoi show venivano banditi in alcuni Paesi per via delle sue performance considerate “barbariche e devianti”.
Dall’immagine, gli occhi dell’artista, circondati dal suo inconfondibile trucco nero colato, fissano la folla di spettatori, mentre i componenti della band iniziano ad animare la scena.
Alice Cooper, squarcia in due la notizia che si è fatta sipario, per prendersi il centro della scena e con il suo caratteristico cilindro in testa e i pantaloni in pelle neri, richiama fantasmi e memorie. Ma non c’è spazio per la nostalgia, solo storia e presente, per un viaggio nella sua ultracinquantennale carriera.“I’m back in your dreams / You can take my head and cut it off / But you ain’t gonna change my mind / If you don’t like it you can lock me up”: i versi sovversivi di “Lock me up”, dall’album “Raise your fist and yell” del 1987, dettano l’inizio del concerto, e i musicisti si stringono attorno a Cooper per amplificarne la teatralità e a scaldare il pubblico è l’energetico sound sprigionato dal gruppo di Alice, una line-up ineccepibile dal punto di vista tecnico, che eccelle anche per la stage presence, e non solo per l’avvenenza e le pose plastiche di Nita Strauss, l’elemento, dopo il carismatico leader, che attira di più gli sguardi degli spettatori maschili.
Il palco con è stata una scenografia da casa degli orrori, pelle e borchie (l’abbassamento di temperatura ha giocato decisamente a favore), teschi, stampelle, spade e bambole gonfiabili…
Accanto a Cooper è schierata la formazione che da tempo lo accompagna in tour, mentre il palcoscenico, con due scalette laterali e dei megaschermi sullo sfondo, è costruito per permettere continui movimenti e ogni componente della band contribuisce ad animare lo spazio partecipando al racconto portato in scena e ognuno si fa personaggio e le canzoni si susseguono a favore dello spettacolo.
E così vengono sciorinate quasi subito No More Mr. Nice Guy, “I’m Eighteen”, “Under My Wheels” e “Billion Dollar Babies”, in una successione di classici eseguiti alla perfezione, inframezzata solo dal gradito ripescaggio dell’ottantiana “Bed Of Nails”, e consente di apprezzare la forma vocale notevole del front Man, anche al di là delle considerazioni anagrafiche.
La parte centrale dello show rappresenta degnamente l’hard rock anni ’80-’90 più commerciale proposto da “Uncle Alice”, con l’omaggio allo slasher horror di “He’s Back (The Man Behind The Mask)”, che vide la partecipazione di Jason Voorhees e le esecuzioni delle catchy “Hey Stoopid” e “Lost In America”, qui bisogna dire che quest’ultima canzone, trent’anni fa, dipingeva già un mondo insostenibile, ingiusto e con pochi sbocchi, e negli ultimi decenni le cose sono andate solo peggiorando.
“No more Mr. Nice Guy” lascia subito spazio a “I’m eighteen”, in cui il “Padrino dello shock rock” brandisce una stampella.
“He’s back (The man behind the mask)” vede comparire un’interprete nei panni di una turista invadente o di una fan fuori controllo, che rincorre Cooper con una macchina fotografica. La sua insistenza le costa cara: viene sgozzata da una figura mascherata, uscita da un vecchio film dell’orrore, con tanto di sangue finto che le cola vistosamente dal collo.
In un altro momento dello show, immancabilmente, Alice porta poi sul palco Ethyl, la sua bambola a grandezza naturale, per il classico “Cold Ethyl”, ricreando questo storico dialogo tra due amanti, uno ancora nel regno dei vivi, l’altra ormai oltre.
Alice Cooper si è sempre mantenuto piuttosto lontano dalle problematiche dell’attualità, preferendo dedicarsi a una forma di escapismo ed entertaining che però spesso è stata in grado di offrire anche una versione grottesca della realtà, che finisce poi spesso per superare ogni fantasia o parodia horror.
Un altro aspetto che ha contribuito grandemente all’alto gradimento dello spettacolo bolognese è stata la qualità del suono, che per pulizia e nitidezza è stata davvero ineccepibile. Si tratta di un tratto fondamentale in uno spettacolo musicale, ma che troppo spesso diventa una criticità che rischia di rovinare un’intera performance.
Lo show ci ha fatto immergere nelle atmosfere del primo Alice Cooper Group grazie alla sempre affascinante “Welcome To My Nightmare”, doppiata subito dall’elettrica “Cold Ethyl”, in cui la voce di Alice si fa un po’ più acida, di pari passo con il sound del gruppo, che sfoggia una sezione ritmica, Chuck Garric – Glenn Sobel che spacca.
Tornando sulla voce del cantante, è un dettaglio ma riveste la sua importanza per comprendere come Alice abbia conservato intatta la sua vocalità, noto che il frontman non sforza mai la voce, rispetto al passato sporca di meno la sua emissione, sceglie di essere meno graffiante per preservare la sua timbrica, un percorso che non è stato seguito in passato da altri famosi vocalist, che tra show maratona e uno stile molto più sforzato ora risultano quasi irriconoscibili.
Quello di Cooper è stato uno show di “soli” 90 minuti ma che ha soddisfatto in tutto e per tutto perchè non c’è stato un solo attimo di pausa, e anche le brevi sezioni riservate agli assoli dei componenti della band si susseguivano velocemente, senza mai annoiare.
Parlando dei musicisti della formazione, è doveroso ricordare come lo stile più metallico e da shredder pura di Nita Strauss, che sfoggiava un suono particolarmente moderno nel suo assolo, si distingua facilmente da quello più hard rock di Ryan Roxie e Tommy Henriksen, presentato anche come produttore e per il suo ruolo negli Hollywood Vampires, il progetto “minore” di Alice Cooper.
Questo show è stato caratterizzato dal felice connubio tra la componente musicale, risultato di una formazione che si esprime a livelli eccellenti, e la rappresentazione teatrale, e in questo ambito i protagonisti principali solo l’eterno Alice Cooper, sua figlia Sheryl, performer carismatica e vitale, e una serie di comparse che nel corso del set interpretavano il ruolo di vittime o carnefici del front Man.
In uno dei momenti più iconici dello spettacolo, è l’intramontabile “Ballad of Dwight Fry”, in cui Cooper, stretto in una camicia di forza, interpreta un altro momento disturbante capace di lasciare il segno anche dopo cinquant’anni. Si passa così al famigerato momento della ghigliottina su “I love the dead”, con Alice Cooper che viene simbolicamente decapitato. L’esecuzione è a opera della moglie dell’artista, Sheryl Cooper, vista già in azione, nella sua smagliante forma da ballerina ancora a 69 anni, in “Go to hell”. Vestita come Maria Antonietta, Sheryl si diverte nella ben collaudata performance mostrando sul palco la testa mozzata di Alice, chiudendo la parte teatrale dello spettacolo.
Dopo un altro cambio d’abito, Cooper da vero trasformista, con un completo bianco e cilindro coordinato, l’artista riporta tutti sotto i riflettori per il finale con un altro brano amato dal pubblico, “School’s out”.
La verità è che gli orrori veri sono le guerre, i crimini, le disuguaglianze, le atrocità di cui la cronaca e la vita di tutti i giorni sono strapiene, quello di Alice Cooper, che nei suoi primi anni di carriera era davvero uno show spaventoso e scioccante, ora è rimasto uno spettacolo sensazionale ma è più rassicurante e immensamente più divertente rispetto al mondo folle là fuori.
Ad accompagnarlo nel suo show una band affiatatissima: Nita Strauss, Ryan Roxie e Tommy Henriksen alle chitarre, Chuck Garric al basso e Glen Sobel alla batteria, un gruppo che ha suonato come una macchina da guerra, guidata dalla voce di Alice, sempre graffiante e teatrale.
Alice Cooper si conferma non solo icona assoluta del rock mondiale, ma anche instancabile performer: sei mesi l’anno “on the road” per portare il suo show a nuovi e vecchi fan, senza perdere mai mordente e quello di Bologna è stato uno spettacolo esplosivo con tutto l’armamentario che ha reso celebre il padre dello shock rock.
Alice Cooper al termine dello show ci ha salutati con una delle sue frasi ricche di dark humour: “Bologna, vi auguro che tutti i vostri sogni diventino… incubi!”
Un artista che non ha mai detto “Goodbye” al suo spirito ribelle, capace di trasformare ogni concerto in un viaggio tra energia pura e spettacolo mozzafiato che dire sono contenta di non essermi persa l’occasione di vivere una serata dove il rock è stato il protagonista assoluto!
Alice Cooper Grazie!
Da Parte mia è tutto.
Alla Prossima da SonoSoloParole.
Scritto da: SonoSoloParole
Copyright 2025 - RADIO FEBBRE
Commenti post (0)