Radio Febbre
Intervista Steve - 25.06.2025
I Muse tornano con un nuovo singolo dal titolo “Unravelling” uscito il 20 Giugno 2025, primo brano inedito dal 2022, anno dell’uscita dell’album “Will Of The People”, che ha raggiunto la posizione #1 nelle classifiche album in UK, come primo estratto dall’album in uscita Infinity the Pressure di cui non è specificata una data precisa per l’uscita dell’album completo.
Muse, gruppo musicale rock alternativo britannico formatosi negli anni ‘90 a Teignmouth (Devon), è composto da Matthew Bellamy, cantante e alla chitarra, da Dominic Howard alla batteria, da Chris Wolstenholme al basso, e da Dan Lancaster alla produzione, missaggio e mastering.
Sono riconosciuti per uno stile musicale molto eclettico che raccoglie influenze di più generi come elettronica, pop e rock, spesso segnati da una vena sinfonica e orchestrale.
La maggior parte dei testi delle canzoni dei Muse sono composte principalmente dal frontman Matthew Bellamy, trattano temi riguardanti apocalisse, UFO, guerra, vita, universo, politica, religione, amore e odio e loro esibizioni dal vivo sono state definite estremamente energiche e stravaganti.
Il nuovo gruppo cambiò nome in “Rocket Baby Dolls” e nel 1994 partecipò ad una competizione tra gruppi scolastici che si tenne al Teignmouth Broadmeadow Sports Centre di Teignmouth. Matthew Bellamy aveva la certezza che non avrebbero vinto e per impressionare la giuria, salirono sul palco pesantemente truccati nello stile dei The Cure. Il gruppo presentò pezzi inediti scritti e composti da Bellamy intitolati “Small Minded”, “Yellow Regret”, “A Turn to Stone”, “Weakening Walls ePointless Loss”. Oltre ai loro pezzi eseguirono anche la cover di “Tourette’s” dei Nirvana contenuta nell’album del 1993 in Utero. Dopo l’esibizione Bellamy distrusse le attrezzature che c’erano sul palco e il suo atteggiamento sicuro impressionò la giuria al punto da assegnare loro il primo premio. Dopo questo successo i tre membri del gruppo decisero di lasciare l’università per intraprendere in maniera definitiva la carriera di musicisti.
La band nasce nel 1999 dall’incontro tra Matthew Bellamy, voce, chitarra e pianoforte, Dominic Howard alla batteria e Chris Wolstenholme al basso e cori. E nello stesso anno pubblica l’album “Showbiz” (Mushroom Records/Spingo) che conquista i favori del pubblico dell’indie-rock, oltre mezzo milione di copie vendute, e diversi premi della critica: “Brand New Band 2000” all’NME Carling Premier Awards, nomination come best band e best album ai Q Awards, best band e best live act ai Kerrang Awards. Sulla band si concentrano le attenzioni di diverse etichette internazionali, tra cui la Maverick di Madonna che li ingaggia negli Stati Uniti.
La critica li consacra subito come gli eredi del guitar-sound, ormai disperso in divagazioni elettroniche, dei Radiohead, ma c’è anche chi li accosta al cantautorato poetico e intimista di Jeff Buckley. Eppure per Matthew Bellamy, leader della band, le influenze dei Muse sono completamente diverse: “Adoriamo i Rage Against The Machine e i Primus, siamo cresciuti ascoltando band alternative come Sonic Youth e Dinosaur Jr.” dichiarano.
Influenze già percepibili in brani ambiziosi come “Fillip” e (soprattutto) “Sunburn”, che travalicano i confini dell’agonizzante Britpop di fine anni 90. E di energia hardcore vibrano anche le performance live del gruppo, che sul palco scatena un uragano di suoni elettrici: “Ci presentiamo soli, racconta Bellamy, con i nostri strumenti, e chi ci ha visto può garantire che abbiamo l’energia di un’intera orchestra”. E’ proprio dal vivo, in effetti, che i Muse riescono ad essere più trascinanti, come conferma il successo della loro recente tournée italiana, che ha registrato sempre il tutto esaurito.
Ma l’etichetta Britpop, per i Muse, è difficile da cancellare, e c’è già chi ironizza su di loro come “cloni” dei Radiohead. “La missione dei Muse è suonare come un ibrido geneticamente modificato di Queen, Jeff Buckley e Radiohead. Ci sono riusciti?”, ironizza New Musical Express. E così Bellamy e soci decidono di accentuare l’anima rock del loro suono. Dichiarano apertamente di volersi rifare soprattutto al chitarrismo doc, da Jimi Hendrix ai Nine Inch Nails, passando per i Police e i Nirvana. E al solito produttore John Leckie (Radiohead, Stone Roses) decidono di affiancare David Bottrill, già con A Perfect Circle, Tool, Deus. La svolta si consuma in un tour americano che vede i Muse come gruppo spalla prima di Pavement e Flaming Lips, e poi dei Red Hot Chili Peppers. Bellamy, chitarra elettrica alla mano, si esibisce in performance infuocate che culminano spesso con il sacrificio degli strumenti di hendrixiana memoria.
Nonostante un cammino per alcuni versi discutibile, i Muse si impongono come una delle poche band in grado di riempire gli stadi di tutto il mondo, forti di una tecnica ineccepibile e di un carniere di hit che poche band coeve oggi possono vantare.
I Muse hanno vinto numerosi premi, tra cui due Grammy Awards, sei MTV Europe Music Awards, un American Music Award, sei Q Awards, otto NME Awards, due BRIT Awards e quattro Kerrang! Awards, la maggior parte dei premi sono stati loro attribuiti per le performance dal vivo. Hanno inoltre partecipato alla campagna della Teenage Cancer Trust, che si occupa della ricerca per la lotta contro la leucemia giovanile e hanno suonato insieme a gruppi di livello internazionale come i Depeche Mode alla Royal Albert Hall, devolvendo buona parte dei fondi raccolti a tale associazione.
Sul nome Muse c’è da dire una cosa, nel 2002 il gruppo inglese vinse una causa legale rivolta alla cantante canadese Céline Dion rea di voler utilizzare il nome Muse nel suo spettacolo al Caesars Palace di Las Vegas. La cantante infatti avrebbe voluto chiamare lo spettacolo Celine Dion Muse, cosa che non le è stato possibile dato che il gruppo possiede i diritti in tutto il mondo dello spettacolo per la parte musicale legata a questo nome, la cantante offrì al gruppo 50.000 dollari per poter utilizzare la parola ma i Muse rifiutarono, la portavoce della cantante Francine Chaloult dichiarò all’epoca che la scelta del nome fu cambiata.
Mentre il portavoce dell’etichetta musicale dei Muse rilasciò una dichiarazione in cui si offriva alla Dion la possibilità di utilizzare la parola Muse fintanto rimanesse in connessione con il titolo dello show ma con la precisazione che il nome non sarebbe dovuto apparire nel materiale vendibile come CD o DVD correlati all’evento, Bellamy dichiarò in seguito alla vicenda: “Non volevamo che gli americani pensassero che i Muse fossero il gruppo di sostegno dello spettacolo di Céline Dion. Ci hanno offerto 32.000 sterline perché facessimo un passo indietro, avendo noi anni fa registrato il nostro nome negli USA per 20.000 sterline”
“Unravelling” offre una nuova interpretazione della creatività che fonde generi diversi, ormai tratto distintivo dell’esperienza Muse, sintetizzatori arpeggiati e inquietanti creano un’atmosfera minacciosa, prima di esplodere all’improvviso in un’enorme parete di riff taglienti, culminando in un ritornello drammatico e pulsante, ricco della loro celebre teatralità massimalista.
Il brano è stato prodotto dal pluricandidato ai Grammy Dan Lancaster, Bring Me The Horizon, Blink-182, che suona anche le tastiere e la chitarra aggiuntiva nella band live dei Muse e per la prima volta in carriera il front Man Matthew Bellamy ha fatto uso di una chitarra a otto corde.
Dalla loro formazione nel 1994, i Muse hanno pubblicato nove album in studio, vendendo oltre 30 milioni di copie in tutto il mondo al 2022.
Prima dell’uscita ufficiale, erano trapelate online alcune anticipazioni che avevano innescato l’aspettativa tra i fan; poi, la conferma con un’esibizione che si è tenuta alla House of Culture di Helsinki di fronte a 50 mila spettatori, i Muse hanno eseguito “Unravelling” sul palco dal vivo. Un’accoglienza trionfale per un singolo che sembra già destinato a diventare il cardine della tournée estiva in corso.
“Unravelling” è un brano heavy che fonde elementi di prog metal, metalcore ed elettronica, con vibrazioni simili a quelle di “Won’t Stand Down”, presenta anche somiglianze musicali con gli Sleep Token, una band metal che fonde numerosi generi come EDM, pop e ambient, con riff di chitarra pesanti in stile djent.
In un’intervista con Jack Saunders su BBC Radio 1, in occasione della première radiofonica del brano, Bellamy ha affermato che il brano è stato scritto pensando alla partecipazione ai festival di quest’anno, in particolare a tutti i festival metal in cui la band ha sostituito i Foo Fighters come headliner.
“Unravelling” è stato prodotto e co-scritto da Dan Lancaster e dalla band, co-prodotto e realizzato da Aleks Von Korff e registrato agli Abbey Road Studios di Londra.
Le strofe del brano presentano un synth arpeggiato ispirato ai synthwave anni ’80, combinato con un basso synth e campionamenti di batteria elettronica. Le strofe si sviluppano lentamente verso un riff metal con un’accordatura bassa, con Matt alla chitarra a 8 corde (la prima canzone scritta con questa) accordata in drop E, e Chris al basso a 5 corde.
Il brano inizia con suoni elettronici che creano un’atmosfera cupa e misteriosa, preparando l’ascoltatore a qualcosa di inaspettato. Dopo un minuto e mezzo, la canzone cambia radicalmente, con un’improvvisa irruzione di chitarre potenti e un ritornello drammatico, tipico dello stile dei Muse.
A differenza dell’ultimo album, “Unravelling” si concentra su temi più personali e meno impegnati, con un racconto che alterna momenti delicati a picchi di epicità.
“Unravelling” è una traccia che sfida le aspettative, offrendo un’esperienza musicale dinamica e ricca di contrasti che mantiene il caratteristico sound dei Muse, ma con nuove sfumature ed elementi inaspettati.
Quando i Muse annunciano un nuovo brano, l’attenzione è immediata, e nel caso di “Unravelling”, si tratta di una delle loro composizioni più intime, oscure e, inaspettatamente, minimaliste.
Dopo anni di sperimentazioni orchestrali, suoni da colonna sonora apocalittica e distorsioni galattiche, il trio britannico guidato da Matt Bellamy torna a stupire con un brano che preferisce il silenzio al fragore, l’introspezione alla teatralità.
“Unravelling” è un brano che sembra decostruire sé stesso, fin dal titolo. Il verbo “to unravel” significa infatti disfarsi, svelarsi, perdere coerenza ma anche rivelare verità nascoste, e proprio su questo doppio significato si gioca l’atmosfera della canzone: una lenta discesa nei pensieri più nascosti, tra ansia esistenziale e bisogno di redenzione.
Musicalmente, “Unravelling” si muove su coordinate cinematiche e ambient, vicine al sound dei Radiohead di A Moon Shaped Pool o delle colonne sonore firmate da Max Richter. L’apertura è affidata a un piano etereo e riverberato, su cui si innesta la voce nuda di Bellamy, che rinuncia al suo solito falsetto epico per una tonalità più fragile, quasi sussurrata. Nessuna batteria nei primi due minuti: solo synth ambientali, droni bassi, e archi elettronici che sembrano respirare. Poi, lentamente, si affaccia una pulsazione ritmica, quasi come un battito cardiaco, che cresce fino a esplodere in un finale orchestrale cupo e struggente.
Il testo parla di un’identità che si disgrega (“I’m unravelling the wires in my mind”), dell’impossibilità di fingere ancora, del desiderio di liberarsi da un ruolo che non si sente più proprio. È, a modo suo, una canzone politica nel senso più profondo: chiede chi siamo davvero, quando nessuno guarda, e lo fa con una sincerità disarmante.
I Muse, sono una delle band britanniche più influenti degli ultimi trent’anni, famosi per il loro mix di rock progressivo, elettronica e musica sinfonica, hanno all’attivo album epocali come “Origin of Symmetry”, “Absolution” e “Black Holes and “Revelations”. Negli anni si sono evoluti, abbracciando anche sonorità più pop e dance-rock, senza mai perdere il loro gusto per il grandioso e lo spettacolare, eppure, con “Unravelling”, sorprendono ancora una volta: scegliendo la sottrazione, la delicatezza, la verità.
“Unravelling” è più pesante, più guidata dalle chitarre, e decisamente più forte di molte cose che hanno pubblicato dagli ultimi due album. E onestamente, questo è già un successo.
Ciò che mi rende ottimista è che in passato, i primi singoli di un nuovo album erano spesso tra i più deboli ma poi alcuni pezzi mostravano una certa qualità, se questo è il livello da cui partono, forse ci sarà qualcosa di ancora meglio in arrivo.
I Muse un tempo abbracciavano il caos, e le loro canzoni migliori erano imprevedibili, odisee multi-parte “Citizen Erased”, “The Globalist”, “Take a Bow, Knights of Cydonia” ma queste erano canzoni che dovevi vivere!
Il talento c’è ancora, lo si sente, appena sotto la superficie. Una scelta di tono qui, un improvviso cambiamento armonico lì, è tutto una prova che Matt Bellamy ce l’ha ancora. Ma è come se si stesse continuamente rimettendo in discussione. Come se avesse la sindrome dell’impostore, cercando di scrivere come un Salieri che finge di essere Mozart… dimenticando che LUI È, ed ERA, il dannato Mozart!
La musica è tutta questione di opinioni, il che è giusto, quindi sentiremo tutti questa canzone in modo diverso.
Questo è il mio parere sul singolo dei Muse, Buon Ascolto!
Da parte mia è tutto.
Alla Prossima da SonoSoloParole.
Scritto da: SonoSoloParole
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